Il 24 febbraio 2015 la Stampa ha pubblicato un articolo a firma di Nicla Panciera in cui si osserva che l’aumento di casi di morbillo (anche mortali) registrato in Italia è una conseguenza dell’irrazionale paura di molti nei confronti dei vaccini.
In rete non è difficile trovare una moltitudine di siti che denunciano la pericolosità dei vaccini in quanto strumenti con cui “il potere” controlla la popolazione o la usa come cavia per esperimenti o similari ipotesi complottistiche. A fronte dell’evidente riduzione delle malattie infettive dovuta alla tecnica del vaccino è inevitabile chiedersi come mai una massa di persone “normali” abbia intrapreso la strada opposta.
Ci sembra questo un buon punto di partenza per affrontare, avendolo già fatto in queste pagine (Mondoperaio 6/2014) con l’idiota, il tema del cretino in politica.
I due tipi umani si differenziano per un elemento principalmente. Mentre l’idiotes è tale perché non possiede la sveltezza tipica del polites, in quanto per le ragioni più diverse non è mai stato esposto ai maneggi e alle sottigliezze dell’agire politico, il cretino è tale in quanto è così e basta. L’etimo della parola spiega bene l’uso in voga «specialmente in alcune regioni della Svizzera romanda di lingua franco-provenzale [dove] erano diffuse allo stato endemico varie forme di ipotiroidismo congenito, dal Settecento in poi identificato appunto come cretinismo» (fonte: sito dell’Accademia della Crusca). Se l’idiota è tale per l’inesperienza, il cretino è tale per nascita.
Purtroppo la scienza politica non consente di formulare la delicata questione dell’elettorato in questi termini, un po’ per decoro un po’ per insufficienza dei suoi mezzi: il cretino è un’incognita del sistema e, per la configurazione odierna delle scienze, l’imponderabile è una minaccia da espungere. Del resto, un accademico che scrivesse un articolo in termini franchi sull’argomento non avrebbe molte prospettive di carriera.
Eppure, se si vuol parlare di politica, non possiamo ignorare l’esperienza che chiunque possiede di una conversazione col vicino di casa o col collega che è convinto che i vaccini servono a controllare la mente dei cittadini e amenità simili. Chiunque conosca almeno cento persone può prontamente indicare almeno un paio di cretini.
Questa statistica, che su cinquanta milioni e rotti di italiani aventi diritto al voto sarebbe già devastante, per Sciascia sarebbe rosea. Infatti, in A ciascuno il suo, scrive: «Ad un certo punto della mia vita ho fatto dei calcoli precisi: che se io esco di casa per trovare la compagnia di una persona intelligente, di una persona onesta, mi trovo ad affrontare, in media, il rischio di incontrare dodici ladri e sette imbecilli che stanno lì, pronti a comunicarmi le loro opinioni sull’umanità, sul governo, sull’amministrazione municipale, su Moravia». Venti persone (dodici ladri, sette imbecilli, un onesto intelligente) più una: l’osservatore. Per lui è addirittura un terzo del campione. Ma Sciascia non era esattamente un ottimista.
È evidente, valutando il problema del morbillo (qui preso come parte per il tutto), che la cretinità ha un quid di irriducibile totalmente impermeabile all’istruzione e all’esperienza. Infatti, sovente il cretino è un insospettabile. Ed è per questo imprevedibile, perfino sorprendente, capace di avere un punto di vista sui fatti assolutamente alternativo e spiazzante. Una sorta di genio in negativo, forse l’unico che l’era post-moderna può concedersi: senza metanarrazioni Dante, Shakespeare, Hugo e Goethe si volatilizzano, mentre il cretino ne crea una tutta sua – come il complotto dei rettiliani.
Il cretino può essere una persona colta e normalmente socializzata, magari anche di successo e ragionevole. Tuttavia, su certi temi, in cui probabilmente prende il sopravvento qualche paura irrazionale, perde il controllo e, nell’ansia di semplificarne la comprensione, piuttosto che esaminarne le varie concause preferisce fare un salto logico e trovarne una immensa: il complotto nelle sue varie forme.
I complotti esistono, nessuno lo nega, ma sono l’esito finale di un’analisi, non il partito preso di una psicosi di massa. Credere che i vaccini facciano diventare autistici in assenza di evidenze scientifiche è un salto a piè pari della complessità della cosa, ma almeno è rassicurante perché dà un punto chiaro e incontrovertibile (fideistico) alla questione. Questo meccanismo psicologico recrudescente porta a conclusioni assolute e prive di attinenza con la realtà, come concludere che tutti i rumeni sono stupratori partendo da alcuni casi di cronaca o che tutti gli islamici sono terroristi: è in sostanza una mostruosa reductio ad unum dove la complessità delle nostre società e del loro vivere viene amputata di netto sulla spinta di una paura irrazionale portando all’identificazione di un nemico.
Politicamente diventano chiari gli effetti: un elettorato sempre più emotivamente e intellettualmente labile può venir polarizzato e manipolato con molta facilità.