Il simpatico battibecco intercorso fra Maria Rosaria Bindi e Debora Serracchiani dinanzi alle telecamere di Sky TG24 il 25 ottobre rivela molto, non della frammentazione del Partito Democratico, quanto piuttosto di un problema di fondo della comunicazione politica italiana.
All’inizio i toni erano tranquilli – un pistolotto pacato in stile Bindi da una parte e qualche segno di dissenso con candida contrizione, che è il cavallo di battaglia della Serracchiani, dall’altra – poi, improvvisamente, lo psicodramma.
La Serracchiani comincia a parlare a raffica come ci hanno insegnato i membri del Pdl ai loro tempi d’oro televisivi, in modo da non far sentire nulla né di quello che dice lei né di quello che dice la Bindi, così da far sembrare che ha un mondo di cose da dire e da buttare tutto in cagnara.
Lo stratagemma, per un popolo che ha nel proprio costume il parlare ad alta voce e il gesticolare animatamente, funziona piuttosto bene. Lo spettatore sprovveduto pensa che, se quella persona sta parlando così forte e velocemente, coprendo le voci degli altri, è perché ha avuto un lecito scatto di nervi, dovuto sicuramente alla reazione istintiva a una calunnia che la passione le ha fatto sentire come intollerabile.
Invece, questo modo di parlare è un’ottimo sistema per non dover rispondere, come faceva Berlusconi nel comicissimo faccia-a-faccia che si vede in Aprile di Nanni Moretti, incalzando apparentemente il proprio interlocutore a dare una risposta, ma non dandogli all’atto pratico modo di ribattere. Infatti, in quello sketch, si vede D’Alema che cerca di rispondere, ma non trova mai un buco per inserirsi.
Questa tecnica ha anche un’altra comodità che potrebbe rivelarsi preziosa in un dibattito televisivo, cioè intontisce l’uditorio e fa perdere il filo dell’argomentazione. La tirata, per sua natura, deve essere lunga, un’insalata di parole che si espande come una colata di cemento, in questo modo, come nel caso Serracchiani, vediamo che lei parte dalla risposta alla Bindi («Questa non è una contro manifestazione […] Io non posso non incontrare gli imprenditori se intendo amministrare e governare un paese») e finisce da tutt’altra parte («Prendere atto che il Partito Democratico è qualcosa di diverso da quello che probabilmente sei abituata tu»). Fin qui, con un po’ di elasticità, va tutto bene, ma la Bindi s’era stufata prima di questa chiusa. Infatti, poco prima di andarsene, la Serracchiani aveva detto «che c’è un partito che si confronta sui territori, che tira fuori la propria bandiera e il proprio simbolo con orgoglio, che si confronta senza paura con le altre forze politiche e anche con tutto il resto del paese». Questa frase potrebbe essere scolpita nella pietra, perché si è presentata e si ripresenterà puntualmente così ogni volta, e lo farà perché istiga automaticamente l’interlocutore a lasciar perdere. Infatti, poco dopo, la Bindi comincia a ripetere compulsivamente «va bene» per farla star zitta.
Ottenuto il suo scopo, cioè l’abdicazione della Bindi, Debora Serracchiani dice che «torna a lavorare» e lascia il collegamento con lo studio.
Solo in apparenza è un problema di “anime” del Pd, più appropriatamente è un problema comunicativo. È ovvio che, facendo parte dello stesso partito e incontrandosi spesso, le due avrebbero potuto confrontarsi sull’argomento in precedenza e con toni ben più accesi, ma è intrinseco nella logica della televisione che tutto diventi spettacolo. Quindi, quel battibecco, non aveva lo scopo di informare lo spettatore, ma di riempire uno spazio.
La tirata pubblicitaria della Serracchiani serviva solo a fare la propria parte di comparsa e a sfilarsi dalla situazione in modo efficace e risoluto, contando che la Bindi avrebbe gettato la spugna appena la piega del dialogo avesse assunto i toni dello spot elettorale con frasi banali da copywriter. Non si deve credere che l’arte della tirata sia semplice, perché implica l’aver imparato alcune formulette standard da giocarsi nel modo più adescante a seconda della situazione. Sta all’abilità dell’oratore gestire questo strumento senza impappinarsi parlando velocemente. Naturalmente, tagliare in questo computo il tempo della riflessione torna utile: parlare senza pensare rende la tirata più vera, veloce e immediata. Sicuramente la performance ne beneficerà, bisogna però essere ben allenati.
Il problema, quindi, è quello di non cogliere i momenti televisivi come mezzo per informare un pubblico e fargli capire qualcosa, ma per esserci senz’altro scopo che fare la propria arringa e tornare dove si era. Infatti, non è interesse dei partecipanti far capire alcunché, perché non c’è niente da capire, bene che vada sono solo frecciatine o comunicazioni interne svolte in linguaggio televisivo davanti alle telecamere. Insomma, non si capiva nulla in quanto non c’era nulla da capire perché stavano parlando per loro.
É un problema semplice, ma senza soluzione dato che, come ogni persona di spettacolo sa, the show mas go on. Pure a costo del buon senso.